CONCORSO FONDAZIONE DAVIDE LAJOLO
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CONCORSO BANDITO DALLA FONDAZIONE DAVIDE LAJOLO DI MILANO"LA LIBERTA' E IL CORAGGIO DI CAMBIARE IERI, COME OGGI"
per progetti pittorici, scultorei, letterari; organizzato in collaborazione con NIG Nuove Idee Globali
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LE OPERE FINALISTE RESTERANNO ESPOSTE PRESSO LA SEDE PIEMONTESE DELLA FONDAZIONE NEL CASTELLO DI MOASCA
DAL GIORNO 11 FEBBRAIO AL GIORNO 11 MARZO
DAL GIOVEDI' ALLA DOMENICA CON IL SEGUENTE ORARIO 11-16 / 18,30 - 23
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CASTELLO DI MOASCA
LOCALI DELLA FONDAZIONE
DAVIDE LAJOLO
E DEL RESTAURANT
& CAFE'
GARDEN WINERY
" TRA LA TERRA E IL CIELO"
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La Fondazione
La Fondazione Davide Lajolo è stata costituita il 9 dicembre 1987 per iniziativa della signora Angela Candiani, vedova di Davide Lajolo, in memoria dell’uomo amato - politico, giornalista e scrittore coinvolto nel sociale.
Come riportato nello statuto (art. 2), scopo della Fondazione, oltre che “la ricerca di opere e materiali riguardanti la figura di Davide Lajolo e la pubblicazione di inediti dello stesso”, è “la conservazione, la divulgazione e l’accrescimento della collezione di opere d’arte” donata dalla signora Candiani Lajolo.
Grazie ai frequenti rapporti personali con alcuni artisti italiani attivi nel periodo che va dal dopoguerra agli anni Ottanta, legati a Lajolo in virtù dell’attività da lui svolta come autore di presentazioni di mostre e critico, la signora, cultrice dell’arte, ha avuto modo di raccogliere nel corso degli anni una collezione di circa quattrocento opere (tra dipinti, disegni, ceramiche e sculture).
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La collezione d’arte è costituita principalmente dalle opere di artisti italiani che, dal dopoguerra e fino agli anni Ottanta, hanno operato seguendo la linea del realismo (Bruno Cassinari, Renato Guttuso, Giacomo Manzù, Giuseppe Migneco, Luciano Minguzzi e altri) e del cosiddetto realismo esistenziale (Floriano Bodini, Giuseppe Bancheri, Giuseppe Guerreschi, Tino Vaglieri) oltre ad opere di artisti di tendenze artistiche diverse.
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E' possibile visionare la collezione sul sito: http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/istituti/13/
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In seguito alla morte della signora Angela, avvenuta il giorno 15 marzo del 2001, la Fondazione, ottenuto il riconoscimento dalla Regione Lombardia con decreto n. 25859, in data 29 ottobre 2001, intende mettere a disposizione della comunità l’unicum rappresentato dalla collezione d’arte e porlo a confronto con quanto esprimono le nuove generazioni di artisti.
La fondazione sarà inoltre attenta a cogliere e a promuovere la attuale ricerca nel campo delle arti visive e della comunicazione, attraverso tutte le iniziative ritenute idonee a tale scopo (esposizioni, conferenze, ecc.).
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Il concorso che abbiamo bandito è un concorso giovane, perché è alla sua prima edizione e perché è stato pensato per artisti fra i diciotto e i quarant’anni “non quotati” , persone che ritengono la creazione artistica come un elemento essenziale della propria vita e sono riconosciute come artisti indipendentemente dal fatto di essere o no legati ad un vincolo di lavoro.
La Fondazione Davide Lajolo, attenta a cogliere e a promuovere l’ attuale ricerca nel campo delle arti visive e della comunicazione, ha dunque pensato di sostenere proprio quei giovani che vorrebbero dedicarsi a tempo pieno a questa attività, offrendo un contributo economico di 1000 euro ai vincitori di ciascuna sezione, garantendo ai finalisti una concreta visibilità attraverso pubblicazioni cartacee e on line, allestendo una mostra all’interno della propria sede piemontese nel Castello di Moasca e offrendo un costruttivo giudizio artistico e funzionale da parte di una commissione formata da artisti, critici d’arte, galleristi, giornalisti e letterati.
Consci che non tutti possono diventare dei grandi artisti, ma un grande artista può celarsi in chiunque, ci auguriamo di aver dato a qualcuno la possibilità di svelarsi.
Daniele Massimelli
Presidente della Fondazione
Davide Lajolo
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L’arte cambierà il mondo
Il cambiamento è davvero una delle poche certezze della nostra vita. Cambiamo noi e cambia tutto intorno a noi, a volte più in fretta a volte più lentamente, a volte in modo più evidente altre volte in modo più sottile, ma inesorabilmente. Ogni cambiamento costituisce una piccola morte, ci troviamo a dover lasciare qualcosa, qualcosa che spesso per noi era diventato un riferimento, per guardare verso un futuro che, nel momento del cambiamento, ci appare incerto e a volte minaccioso, soprattutto se si tratta di un cambiamento che ci fa paura o definiamo ‘negativo’. Eppure il cambiamento è un processo naturale, sano, il cambiamento è indissolubilmente legato alla crescita: senza cambiamento non esiste crescita, né fisica, né emotiva, né spirituale. Il cambiamento è alla base stessa della nostra evoluzione, è il fattore dell’evoluzione. Una vita senza cambiamento sarebbe in realtà già una morte. Personalmente credo sarà l’arte a cambiare prima noi stessi e poi il mondo, come sempre è successo. Impegnarsi a fare prima una rivoluzione dentro se stessi, cominciare a interrogarsi. Un artista può sostenere la ricerca personale attraverso le proprie opere. Credo nella figura dell’artista come in quella di una “sentinella” che può indicare delle strade, perché a differenza di chi non ha il tempo di farlo lui può porsi interrogativi e riflettere e mostrare poi il frutto dei propri viaggi agli altri, stimolandoli. L’artista ha una dignità all’interno della comunità soprattutto perché dona il proprio lavoro agli altri e opera per il bene della comunità. L’impegno è utilizzare l’arte come strumento per capire se stessi e poi rivolgere le proprie scoperte agli altri. Più bellezza e meno tecnologia, per cambiare. Siamo testimoni di un cambiamento generato dal genio demonio di Jobs, che allibisce se ci pensiamo, ma dobbiamo sperare che dopo l’ubriacatura di tecnologia si torni alla natura delle cose. A volte vedo che anche nei teatri, nelle multisale cinematografiche, che hanno snaturato il cinema, la gente guarda il telefonino. L’arte può servire perché attraversando l’ingresso di una mostra, di un teatro…. si possono aprire nuovi mondi sconosciuti. L’importante è usare un linguaggio che possa coinvolgere anche i giovani. La semplicità è alla fine la massima raffinatezza, il miglior punto di partenza per attuare un cambiamento.
Alessio Bertoli
Presidente dell'Associazione Culturale NIG
Il castello di Moasca ospita da alcuni anni la sede decentrata della Fondazione Davide Lajolo di Milano che si occupa principalmente di diffondere e valorizzare il grande patrimonio culturale lasciato da Davide Lajolo scrittore, giornalista, uomo di cultura. Nelle sale del castello sono allestite alcune delle numerose opere d’arte parte della collezione della Fondazione Lajolo, che comprende artisti italiani attivi nel periodo dal 1947 agli anni Ottanta del secolo scorso.
Nel proseguire questo rapporto di collaborazione il comune di Moasca ha accolto con soddisfazione e interesse la nuova iniziativa della Fondazione: un bando rivolto ai giovani per la realizzazione di un elaborato dal titolo “La libertà e il coraggio di cambiare ieri, come oggi”.
Il tema è attualissimo per tempi difficili e confusi come quelli che stiamo vivendo dove principi cardini dovrebbero essere sobrietà di vita, richiamo all’agire politico e solidarietà per far sì che in un paese come l’Italia sia abolita ogni forma di privilegio e chi sceglie di servire la collettività sappia di doverlo fare con disinteresse e generosità senza compromessi. E’ con questo messaggio di un’utopia, che però darebbe senso, passione e slancio a tanti italiani di oggi e con piacere che rivolgo il saluto mio personale e dell’Amministrazione comunale che mi onoro di presiedere, insieme all’augurio di buon lavoro e di successo a tutti i partecipanti del concorso.
Siamo inoltre lieti di presentare a un pubblico qualificato il nostro territorio, ricco di bellezze naturali e di valori autentici, che contiamo di vedere conosciuto e valorizzato per riscoprire il territorio come luogo di incontro dove si esplicitano i più seri ed autentici problemi del rapporto uomo ambiente.
Andrea Ghignone
Sindaco di Moasca
LA GIURIA
IN EVIDENZA
Presso la sede piemontese della Fondazione Davide Lajolo nel Castello di Moasca
SEDE PIEMONTESE DELLA FONDAZIONE DAVIDE LAJOLO
OTTAVIO COFFANO
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Scenografo, pittore, docente
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Svolge la propria attività in italia e all'estero. Ha insegnato scenografia all'Accademia di Brera, all'Accademia Albertina di Torino e all'Accademia Complutense di Madrid.
Negli ultimi anni, a Torino, ha insegnato letteratura e filosofia del teatro.
Collabora come scenografo con una casa di produzione cinematografica di Parigi
FRANCESCO SCALFARI
Direttore del Polo Universitario di Asti Studi Superiori
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Docente universitario
e ricercatore.
ha pubblicato volumi, atti, articoli tecnico-scientifici,
storico-filosofici e divulgativi
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PIERMARIO BARISONE
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Perito ed Esperto d’Arte, Consulente per opere moderne europee all’interno di mostre, riviste e pubblicazioni, stage, eventi
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Già alla metà del liceo (siamo nel 1978, sino a metà anni '80) accompagnavo con entusiasmo papà, ed il gruppo di collezionisti che seguivano i dipinti dell'800, prima passione. Per motivi fortuiti negli stessi anni facevo il ragazzo di bottega presso Valente restauratore di mobili antichi: esperienza che divenne preziosa quando dagli anni '90 iniziai a partecipare come espositore a mostre d'antiquariato nazionali ed internazionali. Sempre nel restauro, data la forte domanda fondai con Valente, pittore professionista, un laboratorio di restauro di dipinti ed opere lignee policrome; laboratorio oggi di elevato standing, che lasciai dopo qualche anno. Alla metà degli anni '90 il mobile antico lo sentivo agli sgoccioli, trattai prima il deco' ed infine il design italiano. Il passaggio ai dipinti fu breve.
FABIO SERRA
Gallerista
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Ha da sempre collaborato con il padre, Emiliano Serra, gallerista, sua la Galleria "La Fornace " negli anni 70/80 successivamente "L'Archivolto" poi infine "Il Platano", ed organizzatore di mostre, tra le altre, la mostra di Ugo Scassa, Ancora collaboratore per anni nella scelta del pittore del palio (Casorati,Soffiantino,Falconi...) Alla scomparsa del padre ha portato avanti fino al 2008 la galleria Il Platano per poi approdare nell'Associazione Culturale Arthesis con la quale ha organizzato ancora parecchia mostre in spazi alternativi.
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ANDREA ROCCO
Storico dell’arte, Direttore della Fondazione Palazzo Mazzetti
PIERO VERCELLI
Assessore Servizi Sociali, Asili nido, Volontariato, Cooperazione internazionale del Comune di Asti
Attore e testimone del cambiamento sociale del nostro tempo
ROBERTA BELLESINI
Presidente della Biblioteca Astense "Giorgio Faletti"
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Più che appassionata d'arte, la sua è una passione per la storia dell' arte, cioè per tutte le espressioni artistiche che sono le chiavi di lettura dell' interazione tra l'uomo e il suo tempo. Ama le buone letture spaziando a 360° nel campo editoriale. Per lei, come scriveva il grande Oscar Wilde, l’uomo colto è colui che sa trovare un significato bello alle cose belle.
L' EVENTO DI PREMIAZIONE
LA SEDE SI TROVA NEI LOCALI DEL CASTELLO DI MOASCA. NEL CASTELLO HA SEDE ANCHE IL RESTAURANT & CAFE' GARDEN WINERY "TRA LA TERRA E IL CIELO"
SEZIONE FUORI CONCORSO: CATTERINA SIMONELLI, MARIA TERESA MONTANARO, RENATA SORBA, DANIELE CERRUTI.
I FINALISTI I PREMIATI
SEZIONE SCULTURA
PRIMO PREMIO
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GUALTIERO CAIAFA
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FINALISTI:
CHIARA CIRIO
SERENA REPETTO
SEZIONE PITTURA
PREMIO EX AEQUO
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CINZIA CAPECE
PAOLO FAZIO
GABRIELE SANZO
SEZIONE LETTERATURA
PRIMO PREMIO
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MARCO ARUCCI
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FINALISTI:
MARTA BAGNASCO
ALICE NOSENZO
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Cinzia Elena Capece, nata a Venezia il 03/ 08/ 1983, diplomata in maturità classica presso l’Istituto Cavanis di Venezia, consegue con successo 110/110 la Laurea Specialistica in Antropologia Culturale, Etnologia, Etnolinguistica all’Università Ca’ Foscari di Venezia, a cui ha accesso dopo tre anni di studi in Scienze Etno-Antropologiche all’Università di Bologna. Durante il suo percorso studentesco, inizia ad approcciare sia il mondo della fotografia che delle arti visive nella loro più ampia accezione e si dedica alla creazione del suo personale stile e movimento : l’ ”arte contrastista” o “contrastismo”, volta a contrastare la passività nella società contemporanea . Dopo molte variazioni tecniche arriva ad elaborare la sua personale tecnica “brillantata” fatta solo ed esclusivamente di colla e brillantini; nel periodo più recente dà luce alla tecnica con polvere di vetro in seguito alla sua partecipazione all’esposizione ARTS’ CONNECTION sull’isola di Murano (VE).
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La Bandiera Della Cina
Tecnica “Brillantata” (mista) su tela (made in China)
cm. 30x20
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Una bandiera è sempre segno distintivo di qualche Nazione. La Patria che permette a molti cittadini di immedesimarsi in uno Stato con delle leggi e che resta nel cuore anche quando si cambia Paese.
In questo periodo di globalizzazione e di meltin’pot sono tante le culture che fortunatamente si possono avvicinare e conoscere anche senza doversi trasferire definitivamente in un posto. I numerosi viaggi, o anche solo i viaggiatori e i nuovi concittadini, ci offrono l’opportunità di conoscere nuove realtà con orgoglio , e l’orgoglio di tutte le Nazioni è quello di restare salde in loro stesse cercando sempre le Alleanze con i parametri più giusti di diverse realtà conosciute.
La bandiera a cui nessuno può voltare la faccia, la bandiera che in fondo immedesima le radici di ciascuno di noi viene in questo caso da me rappresentata nella figura di rappresentanza della CINA, la Bandiera della Cina come esempio di altre “bandiere” e chiaramente in riferimento anche alla connessione con la vita di Davide Lajolo che ebbe rapporti con il Paese.
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La mia tecnica, da me inventata “tecnica brillantata” in questo caso è segno delle APERTURE che possono derivare dalla globalizzazione, sempre di solito viste in chiave negativa; NO , la globalizzazione può essere sinonimo anche di pace, alleanze fra culture che si intrecciano nella loro vicinanza . In questo caso la mia tecnica brillantata utilizza brillantini e polvere di vetro di Murano, un rapporto stretto tra vetro di Murano e le circostanze anche economiche che hanno a volte portato a non vedere che l’eccellenza del lusso di Murano è un’occasione di apprezzamento verso questo vetro che non è assolutamente fonte di esclusione al made in Murano , ma al massimo di inclusione alla vita del vetro di Murano nelle numerose comitive che ogni giorno, turisticamente dalla Cina si interessano alle eccellenze Italiane. Un rapporto di pace, di Alleanze, la polvere di vetro di Murano che si sposta in Cina, la Cina che si sposta tutta in Italia, in un connubio di pace e di speranza per il futuro.
Un futuro di rapporti commerciali , un futuro di fiducia reciproca dove la Cina e Murano si stringono in una nuova Alleanza data anche,perché no, dalla piccola goccia della mia tecnica brillantata con polvere di vetro di Murano.
Una quadro , una speranza.
Paolo Fazio
Autodidatta dopo l’Istituto d’Arte, per passione, per diletto e per strada.
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La libertà e il coraggio di cambiare
Tecnica biro su carta
24X33
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L’opera è stata eseguita a penna bic a mano libera, viso caricaturale di Davide Lajolo detto “Ulisse”.
Rappresenta l’uomo che si toglie la maschera “metafora” di Lajolo, che da fascista diventa comunista.
L’invecchiamento dell’immagine è stato ottenuto con il caffè steso con un pennello.
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Gabriele Sanzo è nato nel 1995 e vive a Vinchio.
Ha intrapreso i suoi studi artistici presso l’ Istituto d’Arte Benedetto Alfieri di Asti e attualmente frequenta il corso di Pittura all’Accademia di Belle arti di Cuneo. Ha frequentato “ars in fabula” summer school con Pablo Auladell. Solitamente predilige pennelli e chine con inchiostro e acquarelli. Nel 2017 ha pubblicato il primo libro con Impressioni Grafiche Editrice.
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La libertà e il coraggio di cambiare
Tecnica chine su carta
50X70
Di recente mi sposto tra le grandi metropoli, con aria spaesata, io che vengo dalla piccola realtà della più tranquilla campagna; tra palazzi, smog, tachicardia in autostrada e l’indifferenza delle persone, mi sento stranamente affascinato da ciò che mi circonda.
Un po’ per gli studi, e un po’ per amore, -soprattutto per amore- mi cullo tra le braccia del paesaggio urbano e nei suoi angoli più affollati, dove la calma della campagna è solamente un ricordo.
Ho voglia di scoprire e di fare nuove esperienze, sapere che fuori c’è qualcosa che mi rende felice e mi introduce a nuovi colori, a nuove sfumature, a nuove opinioni… E se tutto questo… così non fosse… so che potrei tornare in quel posto, da cui ora sto scappando.
Ho deciso così, di raffigurarmi, su un mezzo semplice quale è il biciclo, immaginandomi di pedalare nell'aperta campagna cogliendone le sue meraviglie, ma scontrandomi con l’animo irrequieto e frastornato dei palazzi e dell’ambiente urbano; disegnato con tratto rapido e irruento, non cogliendone i dettagli, quasi come una sfida.
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Gualtiero Caiafa
nasce ad Acqui Terme (AL) nel 1988.
All’ età di nove anni conosce
Natale Panaro, burattinaio e scultore,
che in quegli anni tiene un corso d’arte
estivo per bambini. All’età di dodici,
invece, Caiafa entra in contatto
con il pittore inglese Paul Goodwin,
trasferitosi in zona. Da quel momento la sua vita sarà fortemente influenzata dall’esistenza di questi due uomini, che saranno gli iniziatori di una ricerca che Caiafa non sapeva ancora di dover affrontare, ma che lo porterà a comprendere il valore del materiale legato alla componente manuale dell’artefatto, in costante dialogo con l’aspetto artigianale della creazione formale, quasi come se fosse legato ancora a quei valori di bottega rinascimentali. Il territorio delle Langhe, offre a Caiafa un affresco ricco e vasto su cui fondare la ricerca di se stesso all’interno della natura, in cui si identifica profondamente tanto da provare un’attrazione quasi sensuale nell’utilizzare materiali organici, vivi, morbidi, ricavati da essa, come radici, tronchi e piante. Uniti in un secondo momento al gelido, duro e tagliente ferro; spesso ricavato anch’esso da materiali di scarto o di recupero. L’unione di questi due materiali così differenti, quasi opposti, permette subito di intuire la direzione dell’artista, il quale si trova in costante oscillazione tra queste due energie espressive che si traducono come la perfetta materializzazione delle storie che Caiafa vuole raccontare. Perché è questo che l’artista vuole rappresentare attraverso la costruzione di figure o forme di legno e ferro. Storie che utilizzando un linguaggio che si avvicina molto ad atmosfere fiabesche, mitologiche e folcloristiche, in grado di raccontare la psicologia, il dramma, la vita e la morte dell’ uomo, su cui si fonda profondamente la sua costante ricerca.
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Prometeo
materiali utilizzati: plastica e ferro assemblati
altezza 180 cm
larghezza 140 cm
profondità 60 cm
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La figura di Prometeo, nell’opera di Gualtiero Caiafa, si configura adeguatamente con il coraggio di cambiare. Il Titano, dopo aver fedelmente eseguito gli ordini di Zeus plasmando l’uomo dal fango, instaura un rapporto di amicizia con l’essere umano, andando contro i principi che vigevano sull’ Olimpo, e ancor di più nella mente del dio. Voltagabbana dunque, esattamente come viene rappresentato nella scultura di Caiafa, il quale non decide di dar forma alla virtù del coraggio, bensì alla punizione per averne avuto. Evidente è dunque, come l’artista abbia voluto riflettere sulle conseguenze delle scelte e quindi delle azioni dell’uomo, reinterpretate in un contesto contemporaneo riguardante dinamiche sociali e politiche. L’uomo che sceglie, l’uomo che pensa, esattamente come Prometeo, che letteralmente significa “colui che riflette prima”, viene annientato e dilaniato per aver tentato di sovrastare un dio più potente di lui, destinato però a sacrificarsi per un pensiero, un’idea, un futuro. Il fuoco arde, e donandolo, Egli garantisce la vita agli uomini.
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Davide Lajolo è quindi il Prometeo sacrificato, carne e pensiero che si reggono sulla colonna metallica, mentre l’aquila tagliente arrugginisce il corpo ormai esausto. Una forza elastica che percorre l’intera scultura, e che si muove all’interno della sua plasticità spaziale con forte dinamismo, sfumato però dalla fragilità compassionevole di quel volto agonizzante.
Chiara Cirio nasce ad Asti l’11 marzo del 1985.
Nell’A.A.2003/04 consegue il diploma all’Istituto d’Arte Benedetto Alfieri di Asti.
Nell’A.A.2007/08 sostiene la tesi di laurea triennale in scultura presso l’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino.
Nell’A.A. 2010/11 sostiene la tesi di laurea biennale in scultura presso l’Accademia delle Belle Arti di Carrara.
“ Quando gioco con il marmo, mi ritrovo, ripenso, maneggio, medito, danzo, mi estraneo, mi inabisso, sbaglio, mi appassiono, mi libero, mi concentro, …..tolgo,…. tolgo,…. tolgo, …vivo…vivo…. vivo….
Cerco di comunicare “ Le Verità costanti ” , indissolubili, eterne, cerco e voglio verità, verità necessarie e che vanno imparate piano, piano, per vivere una buona vita, unica ed essenziale, la mia, la tua, la vostra. La verità è bella, sinuosa, avvolgente , delicata ma anche tremendamente crudele”.
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La Caduta
marmo bianco di Carrara in sei pezzi su specchi
misure 2,00 x 1,00 m
Se cado, mi rompo e cambio.
Se non cado, non mi rompo e non cambio.
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Nata nel 1989, Serena Repetto inizia il suo percorso artistico nell’ Istituto d’Arte ad Acqui Terme.
Dopo il diploma decide di proseguire i suoi studi all’Accademia Albertina di Belle Arti a Torino, laureandosi a pieni voti. La produzione artistica della Repetto si può considerare come la sintesi di pittura e scultura, due linguaggi differenti che all’interno delle sue opere convivono in perfetto equilibrio. Tele di grandi dimensioni abbandonano la totale bidimensionalità, lasciando posto a componenti plastiche che invadono lo spazio, mai in modo aggressivo, ma anzi nascondendosi dietro la tela, lasciandosi svelare grazie alla percezione delle forme create da lievi chiaroscuri, a volte resi maggiormente visibili dall’utilizzo di materiali extrapittorici, come il nylon che, sciolto e colato sulla tela, accompagna i calchi in gesso di corpi e mani che premono dall’interno di essa verso l’esterno . La produzione seriale di percezioni dei corpi su tela viene affiancata e superata attraverso la scultura, anch’essa al servizio della materia, la quale ha il compito di svelare quelle mani e quei corpi che prima si celavano inquieti, mentre adesso sfondano la tela e conquistano i volumi all’interno dello spazio. Presenze che testimoniano la loro angoscia, comprensibile soltanto attraverso l’assenza, l’assenza di arti che prima invece venivano riproposti serialmente all’interno delle tele. Corpi questi, che diventano simbolo di una società in cerca del proprio corpo fatto di carne e materia, perduto nella sempre più forte affermazione dell’ultra-io virtuale, effimero ed evanescente.
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Metamorfosi
gesso e carta
larghezza 70cm
altezza 25 cm
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La componente bidimensionale e quella plastica, si traducono, nell’opera di Serena Repetto, come un perfetto equilibrio di linee e forme che si legano all’interno dello spazio. La base circolare sostiene il vertice dell’elettrodo su cui poggia delicata, una farfalla di carta stilizzata, la quale risulta essere l’asse portante del triangolo virtuale che viene creandosi grazie al calco delle mani in gesso equidistanti. Esse premono in direzione di una verticalità spaziale. La contrapposizione di presenza-assenza, tipica dell’ artista, si nota ancora una volta attraverso la volontà di rompere le dita, le quali, attraverso la loro assenza simboleggiano un processo di distruzione, di cambiamento, di trasformazione. Le mani che in un primo momento racchiudono la crisalide vengono rotte per far spazio alla bellezza e alla leggerezza della farfalla. Questa si vede costretta ad abbandonare un corpo per trovarne uno nuovo, puro, ma senza abbandonare del tutto quelle mani bianche che vegliano e accompagnano il suo primo volo. Tendono così a spogliarsi della materia sensuale e pesante di cui in parte restano vestite. Mani che prima avevano la funzione di accogliere e proteggere, ora si sacrificano per Davide Lajolo, la farfalla. L’artista dunque ragiona sul concetto di trasformazione del corpo, il quale però è indice di un cambiamento di sostanza, di essenza dell’essere. Il coraggio dell’abbandono, del lasciare il conosciuto per l’ignoto; un coraggio che deriva dall’impulso al cambiamento e dalla libertà di volerlo affrontare.
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Marco Arucci
Studente
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LA LIBERTÀ E IL CORAGGIO DI CAMBIARE
IERI COME OGGI
Cambiare idea non è facile, il cambiamento non è facile.
In passato era difficile cambiare anche solo un'idea o un pensiero. Forse oggi lo è di meno, ma non è ancora semplice.
Riguardo al passato basta pensare all'epoca fascista, un'epoca in cui avere un'idea diversa o il soltanto essere diversi ti poteva costare la vita. Ma nonostante questa brutta situazione, alcune persone riuscivano comunque a cambiare, ad avere idee diverse da quelle imposte e lottare per “imporre” un proprio punto di vista, perché iniziavano a pensare con la propria testa.
Questo fenomeno viene rappresentato in “Una giornata particolare”, film del 1977, con Marcello Mastoianni e Sophia Loren. In questo film il cambiamento avviene in Antonietta, interpretata da Sophia Loren, personaggio molto attaccato agli ideali del partito fascista e alla figura di Mussolini. Quando Antonietta conosce Gabriele, personaggio omosessuale, interpretato da Marcello Mastroianni, si rende conto che ad essere sbagliati non sono gli ideali di Gabriele, ma quelli del partito.
Ma il cambiamento non riguarda solo la politica, il cambiamento può riguardare anche altri campi o può anche solo riguardare noi stessi.
Questo tentativo di cambiamento della propria persona invece, viene evidenziato nel film “Il padrino-Parte III”, del 1990, dove Michael Corleone, interpretato magistralmente da Al Pacino, tenta di cambiare e di far uscire se stesso e la propria famiglia dal mondo della mafia, tanto che si impegna in grandi opere benefiche anche con l'appoggio della chiesa. Ma nonostante questo, come dice lo stesso Michael: “Adesso che credevo di esserne uscito, mi trascinano di nuovo dentro”.
Questo non vuol dire che se non si riesce a far avvenire un cambiamento bisogna mollare, anzi, è proprio in quel momento che è necessario ritentare e se non si riesce riprovare ancora e ancora.
Difficilmente i cambiamenti riescono subito, ma se non avverranno oggi, magari avverranno domani, oppure dopodomani, ma comunque avverranno.
Quindi se si vuole cambiare qualcosa bisogna avere molta forza di volontà per resistere a tutte le conseguenze che il cambiamento stesso comporta e se non dovesse avvenire, bisogna riprovare e riprovare ancora ma, soprattutto, bisogna avere il coraggio di FARLO questo cambiamento.
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Marta Bagnasco
Studentessa
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LA LIBERTÀ E IL CORAGGIO DI CAMBIARE
IERI COME OGGI
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Nasciamo, cresciamo e viviamo TUTTI in ambienti che, in un modo o nell'altro, ci impongono idee e modi di essere. Non è colpa di nessuno, è semplicemente così che funzionano gli esseri umani. Il contesto sociale, l'ambiente che ci circonda, la nostra famiglia...tutto ciò che abbiamo intorno ci spinge ad essere in un certo modo e ad avere certe opinioni e idee.
Cambiare infatti risulta sempre la scelta più difficile.
Perché cambiare? Perché mettere in dubbio le nostre certezze?
È proprio la scelta di mettersi in dubbio che denota coraggio. È molto più facile rimanere coerenti con le proprie convinzioni dalla nascita alla morte, che queste siano “giuste” o “sbagliate” non importa.
Chiedersi se ciò che pensiamo sia VERAMENTE un nostro pensiero e non qualcosa che ci è stato imposto è un passo davvero difficile da compiere, un passo che non tutti sono disposti a fare.
Se non troviamo il coraggio di chiederci se siamo davvero chi vorremmo essere, il coraggio di guardarci dentro e chiederci se è questa la persona che vogliamo diventare, ci ritroveremo presto intrappolati in una rete di pensieri, idee, pregiudizi e abitudini che forse non appartengono a noi, ma appartengono al mondo che ci circonda.
La domanda che dobbiamo porci è “Perché? Perché questo è ciò che penso? Perché questo è ciò che faccio?” Se la risposta è “Perché è così che fanno tutti”, allora forse dovremmo trovare in noi il coraggio di essere diversi. Perché essere diversi è una cosa splendida, è ciò che più si avvicina ad essere unici, ad essere veri.
DIVERSO, parola che proprio le persone che non hanno il coraggio di cambiare usano come dispregiativo. Ma un mondo tutto uguale, in cui tutti sono omologati, in cui tutti hanno le stesse idee, gli stessi vestiti, le stesse abitudini...un mondo in cui nessuno ha il coraggio di mettersi in dubbio, di cambiare idea, quello è un mondo in cui non voglio vivere.
Perciò cambiamo! Evolviamoci, sperimentiamo, ascoltiamo! Perché essere coerenti è facile.
Ma noi dobbiamo avere il coraggio di cambiare idea.
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Alice Nosenzo
Studentessa
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LA LIBERTÀ E IL CORAGGIO DI CAMBIARE
IERI COME OGGI
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Finalmente ero nel taxi, seduta sui sedili posteriori con il mio borsone come bagaglio mentre andavo verso l’aeroporto. Vedevo sfrecciare la città accanto a me attraverso il finestrino e ripensavo alle scelte che avevo fatto. Intanto, senza neanche accorgermene, con dei movimenti meccanici che il mio corpo eseguiva mentre avevo la mente impegnata, mi ritrovai sul sedile dell’aereo. Questa volta però, sempre guardando dal finestrino, mi avvolse una paura improvvisa. Di colpo desiderai di scendere e ritornare a casa, di riavvolgere il nastro e vivere nella quotidianità della mia città. Fermai appena in tempo i miei pensieri e ritrovai la determinazione. Avevo fatto molte scelte durante questi anni, alcune per fattori esterni e quindi per adeguarmi, altre invece per la mia felicità anche se la paura di fallire era tanta. Ripensai alla mia vita, alle delusioni, ai cambiamenti e alle mie scelte. Mi rividi mentre sceglievo di fare un liceo che davvero mi piaceva e, quasi come spinta da una sensazione che avevo dentro, scelsi di fare il liceo linguistico. Rividi inoltre gli esami delle certificazioni linguistiche passate, la laurea, e finalmente ora vedevo anche me stessa su questo aereo pronto a decollare. Mi accorsi anche, per colpa delle scelte e anche un po’ per le amicizie andate male e delle delusioni, di quanto fossi cambiata. Ero passata dall’essere una bambina sfacciata e allegra all’essere una ragazza introversa e altruista fino ad arrivare ad ora, ad essere una donna estroversa, sicura di sé e con un coraggio che non pensavo di avere dentro di me. Passare dall’essere una ragazzina a una donna non è per niente semplice, soprattutto se hai degli obbiettivi, tra i quali, quello di diventare sicura di te stessa e indipendente. È ancora più difficile se per la strada verso il cambiamento trovi anche persone che cercano di non farti arrivare ad essere quello che sei. Di colpo mi vennero in mente tutte le amicizie perse, tutte le persone che pensavo fossero addirittura una parte di me, talmente erano importanti e mi accorsi di tutti i difetti e i lati negativi predominanti che prima non vedevo. Tutto l’egoismo, la falsità, l’invidia repressa e della quale non sapevo neanche il motivo, ma soprattutto la gelosia. La gelosia, quel sentimento che logora le persone fino in fondo e che le fa diventare tanto pericolose quanto cattive. Così cattive da farle rivoltare contro la persona che li ha sempre sostenuti e che ha cercato in ogni modo di aiutarli, passando troppe volte come la filosofa di turno. Vidi una volta per tutte che non mi ero persa nessuno che avesse avuto davvero un valore, che probabilmente le amicizie terminate e finite male erano solo un modo per farmi capire chi ero e aiutarmi a cambiare facendomi diventare davvero me stessa, quella piccola persona che era rimasta sepolta dentro di me e della quale non sapevo l’esistenza. Ricordo ancora bene la difficoltà di “uscire allo scoperto”, di parlare di più per instaurare nuove conoscenze, di smettere di avere paura per ogni minima cosa e di convivere con i miei problemi, magari facendomi anche aiutare, qualche volta. Eppure pian piano, passo dopo passo ce l’avevo fatta. Lentamente avevo capito chi ero davvero e di non aver paura di esserlo. Ricordando tutto questo mi rassicurai, stavo andando verso una nuova vita, avrei fatto altre esperienze, avrei avuto nuove delusioni, sarei cresciuta ancora e sarei cambiata ancora, ma questa volta stavo bene con me stessa e non avevo paura di dimostrare chi ero.
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il catalogo del concorso
La fondazione Davide Lajolo e l'Associazione Culturale Nig nella loro mission tengono particolarmente a promuovere i giovani, non solo quelli "sotto le luci della ribalta" ma anche chi lavora dietro le quinte di un evento, di una mostra, di uno spettacolo teatrale, di un concerto...
Nell'organizzare il concorso, abbiamo scoperto queste giovani curatrici.
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Valentina Bonsignore e Nemesi Mancino nascono a Nizza Monferrato (AT) rispettivamente nel 1995-96. A seguito dei diplomi liceali Linguistico e Scientifico, entrambe decidono di allontanarsi dalla loro precedente formazione per avvicinarsi a ciò che loro stesse capiscono far parte della loro esistenza da sempre: l'arte. Ma non l'arte di chi la fa, bensì di chi cerca di comprenderla per poterla comunicare, o come piace dire a loro "di farla parlare". Prossime alla laurea studiano all'Accademia di Belle Arti di Brera, facoltà diComunicazione didattica dell'Arte a Milano (Valentina Bonsignore) e all'interno dell'Università degli studi di Torino nella facoltà di Beni Culturali con indirizzo storico-artistico (Nemesi Mancino)
PRESS
GAIA FERRARIS / LA STAMPA /20.07.2016
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MOASCA
Cambiare idea non va sempre inteso nell’accezione negativa del «voltar gabbana». Anzi, spesso, per cambiare ci vuole una certa dose di coraggio, determinazione e capacità di sopportare quel senso di incertezza che il cambiamento necessariamente comporta. Da questa idea, muove il concorso artistico intitolato «La libertà e il coraggio di cambiare, ieri come oggi» bandito dalla Fondazione Lajolo.
«Quando abbiamo deciso di indire il premio, abbiamo voluto rimarcare il concetto di «voltagabbana» che aveva segnato così profondamente la storia di Lajolo, per invitare le nuove generazioni di artisti a una riflessione sul significato intrinseco di una condizione straordinaria, che comporta anche dolore e sofferenza», spiega Daniele Massimelli, medico nicese, attuale presidente della Fondazione guidata fino al 2001 da Angela Candiani, vedova di Lajolo, che fino ad allora si era occupata personalmente del vasto patrimonio di opere raccolte negli anni milanesi e romani dall’intellettuale originario di Vinchio.
La Fondazione, da non confondere con l’Associazione omonima nata a Vinchio, è stata istituita nel 1987 e ha come scopo «la ricerca di opere e materiali riguardanti la figura di Davide Lajolo e la pubblicazione di inediti dello stesso» (come è avvenuto con la raccolta di una decina di poesie d’amore inedite rinvenute in tempi recenti), e «la conservazione, la divulgazione e l’accrescimento della collezione di opere d’arte». Ha sede a Milano, ma ha anche un cuore che batte in Piemonte, a Moasca, dove sono custodite alcune delle opere conservate dall’ente e appartenute a Lajolo. Nel castello ha trovato casa una parte della collezione d’arte che vanta nomi come Guttuso, Manzù, Bodini, Minguzzi, Bancheri e Guerreschi.
Il concorso, concretizzazione di una specifica disposizione lasciata da Lajolo nel suo testamento, è aperto a chi ha età compresa tra i 18 e 40 anni. La partecipazione è gratuita e in palio, ai primi classificati di ognuna delle tre sezioni, ci sono mille euro. «Le opere, analizzate da una giuria di esperti, parteciperanno a una mostra collettiva e saranno raccolte in un catalogo», precisa Alessio Bertoli dell’Associazione culturale astigiana Nig Nuove Idee Globali, che affianca la Fondazione nell’organizzazione del concorso patrocinato dal Comune di Moasca e dalla Regione Lombardia.
Sculture, dipinti, poesie, racconti brevi e articoli giornalistici devono pervenire a «Tra la Terra e il Cielo» (piazza Castello, 9/11, 14050 Moasca) via posta o via mail:nig.concorsolajolo@gmail.com entro le 12 del 15 settembre. Info:nignuoveideeglobali.wix.com/nig1.
AT NEWS / 15.07.2016
La Fondazione Davide Lajolo di Milano bandisce il Concorso “La libertà e il coraggio di cambiare, ieri come oggi” per progetti pittorici, scultorei, letterari, organizzato in collaborazione con NIG Nuove Idee Globali Associazione Culturale di Asti.
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LA NUOVA PROVINCIA / 19.07.2016
ADRIANO SALVI / 19.07.2016
E' stata presentata recentemente nei locali de "TRA LA TERRA E IL CIELO", ospitati nell'antico castello di Moasca (AT). un'importante iniziativa culturale nata dalla collaborazione tra la Fondazione Davide Lajolo di Milano, diretta da Daniele Massimelli e l'associazione culturale astigiana NIG (Nuove Idee Globali) di Asti diretta dall'attore e regista Alessio Bertoli. La sede piemontese della Fondazione Davide Lajolo, grazie alla collaborazione del Comune e del sindaco Andrea Ghignone, è stata collocata nel castello.